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Pensiero di Pasqua 2021
Cari parrocchiani,
la risurrezione di Gesù non è solo la consolazione per un dolore, ma è l’inizio di un capovolgimento della storia. Il male e la morte non hanno più l’ultima parola, non sono il destino definitivo dell’uomo. C’è la risurrezione che rinnova tutto e dà la certezza che dopo la morte ci aspetta una vita nuova, la partecipazione alla risurrezione del Signore.
Ci ricorda il Papa in una sua omelia: “Pasqua, fratelli e sorelle, è la festa della rimozione delle pietre. Dio rimuove le pietre più dure, contro cui vanno a schiantarsi speranze e aspettative: la morte, il peccato, la paura, la mondanità. La storia umana non finisce davanti a una pietra sepolcrale, perché scopre oggi la «pietra viva» (cfr 1 Pt 2,4): Gesù risorto. Noi come Chiesa siamo fondati su di Lui e, anche quando ci perdiamo d’animo, quando siamo tentati di giudicare tutto sulla base dei nostri insuccessi, Egli viene a fare nuove le cose, a ribaltare le nostre delusioni. Ciascuno è chiamato a ritrovare nel Vivente colui che rimuove dal cuore le pietre più pesanti. Chiediamoci anzitutto: qual è la mia pietra da rimuovere, come si chiama questa pietra?
Spesso a ostruire la speranza è la pietra della sfiducia. Quando si fa spazio l’idea che tutto va male e che al peggio non c’è mai fine, rassegnati arriviamo a credere che la morte sia più forte della vita e diventiamo cinici e beffardi, portatori di malsano scoraggiamento. Pietra su pietra costruiamo dentro di noi un monumento all’insoddisfazione, il sepolcro della speranza. Lamentandoci della vita, rendiamo la vita dipendente dalle lamentele e spiritualmente malata. Si insinua così una specie di psicologia del sepolcro: ogni cosa finisce lì, senza speranza di uscirne viva. Ecco però la domanda sferzante di Pasqua: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Il Signore non abita nella rassegnazione. È risorto, non è lì; non cercarlo dove non lo troverai mai: non è Dio dei morti, ma dei viventi (Mt 22,32). Non seppellire la speranza!”
Voi non abbiate paura, dice l’angelo alle donne, ma lo dice anche a noi, voi che cercate il Signore, potete trovarlo, non abbiate paura, non lasciatevi bloccare dai vostri problemi, dalle vostre angosce, dai vostri peccati, da quello che può danneggiare la vostra vita, fidatevi del Signore. Non siamo soli, non siamo abbandonati, Lui non ci abbandona mai, in nessuna situazione. Il Signore ci precede nella nostra Galilea, che è il nostro ambiente, la nostra famiglia, la vita di tutti i giorni. La Pasqua ci ricorda questo: è Gesù la nostra speranza, Lui ci offre sempre nuove possibilità di vita, nuove opportunità, il Signore ci cambia la vita, in meglio. La Pasqua ci guida a qualcosa di nuovo, anche quando noi non ce lo aspettiamo.
Permettiamo al Signore che ci porti a vivere e a progettare qualcosa di nuovo, che ci aiuti a correggere ciò che c’era di sbagliato, per poter passare dal buio alla luce, dal peccato alla vita di grazia, dalla morte alla vita. Facciamo pasqua con il Signore. La nostra casa, la nostra famiglia faccia pasqua: passiamo ad una situazione migliore, non con le nostre forze, ma con la grazia di Cristo che ci permette questo passaggio meraviglioso. È la grazia di Pasqua, è la novità che egli porta, è il tesoro che possiamo recuperare anche dalla situazione dolorosa che da tanto tempo stiamo vivendo e che continua a farci soffrire.
Auguro a tutti voi una serena e santa Pasqua! La benedizione del Signore raggiunga le vostre famiglie e i vostri cuori.
Buona Pasqua di resurrezione
Don Simone
Pensiero di Natale 2020
Cari parrocchiani,
volevo condividere con voi alcuni pensieri ed esprimervi i miei più cari auguri, perché possiate trascorrere un sereno Natale.
L’evangelista Luca annota, a proposito di Maria che “ella, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”. (Lc 2,19). L’annuncio dell’angelo, il suo turbamento, la sua disponibilità ad essere madre del Figlio di Dio, la nascita di Gesù, la visita ai pastori, sono tutti “tasselli” che Maria cerca di mettere insieme, nel suo cuore, alla luce della parola e della promessa di Dio. Si apre al senso più profondo della sua vita. Ripensa alla voce dell’angelo da cui si scopre piena di grazia, piena di bellezza, ricolma di tutti doni del Signore. La prima parola che l’angelo le rivolge è una parola di gioia. “Rallegrati, Maria”. E poi aggiunge anche il motivo di tale gioia: “il Signore è con te”. Non le sta dicendo che andrà tutto bene, che la sua vita sarà senza preoccupazioni o senza dolore, le sta dicendo che la fedeltà di Dio non le verrà mai meno, che il Signore è e sarà sempre con lei. È questo il motivo della gioia del Natale, anche per noi, rallegriamoci, il Signore è con noi. Ci dà forza, ci sostiene, ci guida, ci risolleva quando cadiamo, ci viene a cercare; il Signore è con noi anche nei momenti difficili, dolorosi.
Festeggiamo il Natale con questa convinzione: il Signore è con noi.
Alla spiegazione dell’angelo, come tutti gli uomini e le donne di Dio nella Bibbia anche Maria risponde: “eccomi: sono la serva del Signore, avvenga di me quello che vuole Dio”. C’è molto di più in questa risposta di un’adesione alla volontà di Dio. C’è anche il condividere lo stesso desiderio di Dio, io desidero quello che desidera Dio, dice Maria, il mio desiderio si unisce al desiderio di Dio di salvare il mondo attraverso Gesù. È bellissimo questo in Maria e ci insegna ad avere nel nostro cuore i desideri che sono nel cuore di Dio, di desiderare per noi e per gli altri quello che Dio desidera. Se pensiamo e desideriamo quello che desidera il Signore la nostra vita sarà piena, realizzata.
Vi invito a non trascurare la vostra vita interiore, la relazione con il Signore trovi sempre nuovi slanci, nuove opportunità per farsi più solida, più stretta. E per questo abbiamo risorse preziose: la partecipazione all’Eucaristia, la lettura e la meditazione della Parola di Dio, l’esperienza dell’amore di Dio nella confessione, la preghiera, la carità.
Ci ricorda il Papa: “È apparsa la grazia di Dio. Grazia è sinonimo di bellezza. A Natale, nella bellezza dell’amore di Dio, riscopriamo pure la nostra bellezza, perché siamo gli amati di Dio. Nel bene e nel male, nella salute e nella malattia, felici o tristi, ai suoi occhi appariamo belli: non per quel che facciamo, ma per quello che siamo. C’è in noi una bellezza indelebile, intangibile, una bellezza insopprimibile che è il nucleo del nostro essere. A Natale Dio ce lo ricorda, prendendo con amore la nostra umanità e facendola sua.”
Per il mio augurio di buon Natale, riporto, di nuovo, le parole del Papa:
“se le tue mani ti sembrano vuote, se vedi il tuo cuore povero di amore, questa notte è per te. È apparsa la grazia di Dio per risplendere nella tua vita. Accoglila e brillerà in te la luce del Natale”
Auguri di cuore per un sereno Natale!
Don Simone
Lettera anno pastorale 2020-2021
Cari parrocchiani,
stiamo per ricominciare un nuovo anno pastorale. L’anno trascorso non è stato un anno facile, abbiamo vissuto situazioni difficili, anche dolorose, momenti di incertezza, di timore, di confusione. Ci siamo trovati impreparati a gestire una realtà sconosciuta, con cui pian piano cerchiamo di convivere. Anche il futuro ci riserva dubbi e solleva domande: quando finirà? Quando potremo riabbracciarci senza paura, stringerci la mano con affetto? Quando potremo riprendere la nostra vita e le nostre relazioni? Ci stiamo abituando ad utilizzare spesso parole come contagi, distanza, sicurezza, protezione.
Anche la nostra fede è stata coinvolta: in alcuni momenti ci è sembrato vacillasse un po’ di più, in altri è stata il sostegno della nostra fragilità e la luce del nostro buio. Siamo certi che il Signore non ci ha abbandonato e visita sempre la nostra vita e con Lui viene la consolazione, viene la speranza, viene la gioia. Quando ci perdiamo, viene a cercarci, quando non sappiamo camminare ci porta. Mi servo delle parole del Papa e “invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta. Non c’è motivo per cui qualcuno possa pensare che questo invito non è per lui, perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore». Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte. Questo è il momento per dire a Gesù Cristo: «Signore, mi sono lasciato ingannare, in mille maniere sono fuggito dal tuo amore, però sono qui un’altra volta per rinnovare la mia alleanza con te. Ho bisogno di te. Riscattami di nuovo Signore, accettami ancora una volta fra le tue braccia redentrici». Ci fa tanto bene tornare a Lui quando ci siamo perduti! Insisto ancora una volta: Dio non si stanca mai di perdonare, siamo noi che ci stanchiamo di chiedere la sua misericordia. Colui che ci ha invitato a perdonare «settanta volte sette» (Mt 18,22) ci dà l’esempio: Egli perdona settanta volte sette. Torna a caricarci sulle sue spalle una volta dopo l’altra. Nessuno potrà toglierci la dignità che ci conferisce questo amore infinito e incrollabile. Egli ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia. Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!”
In avanti! E’ in avanti che dobbiamo guardare, con speranza e fiducia.
Non vi nego che anch’io non ho sempre avuto la risposta pronta a tutto, a volte, mi rendo conto avrei potuto fare di più o fare meglio, ho portato sempre davanti al Signore ciascuno di voi, anche quando ho dovuto celebrare da solo, per tanti giorni. Ho capito ancora di più come la comunità sia davvero una risorsa per tutti, la celebrazione della messa, gli incontri tra di noi che tanto ci sono mancati, sono ripresi e diventano un momento irrinunciabile per la nostra vita: sono il nutrimento, l’energia e la forza per una vita felice.
Per questo vi raccomando di continuare a partecipare alla Messa e alla vita della comunità che, seppur con qualche limitazione, riprenderà come di consueto. È iniziato il nuovo anno scolastico per la scuola dell’infanzia e, vedendo la gioia dei bambini in questi primi giorni di scuola, sono convinto che loro siano davvero la nostra risorsa e il nostro aiuto per andare avanti.
Prima di darvi tutte le indicazioni necessarie, vorrei dirvi una parola sull’oratorio. Mi è dispiaciuto molto non poter fare il Grest quest’estate e non poter accompagnare i ragazzi al camposcuola, sarebbe stata un’occasione per conoscerli meglio. Aspetto i ragazzi per la catechesi e per le attività che riusciremo ad organizzare in oratorio. Aspetto anche tutti coloro che vorranno dare una mano con il proprio impegno e le proprie idee per rendere più attiva e bella la vita in oratorio per i nostri ragazzi, penso soprattutto ai genitori, ma anche agli altri, giovani e meno giovani, per costruire la comunità c’è davvero bisogno del contributo di tutti. In parrocchia, in oratorio, tutti devono sentirsi a casa. Queste non sono parole vuote, ma devono diventare il desiderio e l’impegno costante.
don Simone
XII Domenica del tempo ordinario
Dopo la festa del Corpus Domini riprendiamo il tempo ordinario. Leggiamo del Vangelo secondo Matteo una parte che viene definita il discorso missionario, in cui Gesù manda i suoi discepoli ad annunciare il Vangelo e li invia per le strade e i villaggi. Li incoraggia a non avere paura, anche quando troveranno difficoltà, persecuzione e opposizioni, perché la loro vita è al sicuro nelle mani di Dio. Non abbiate paura degli uomini, non abbiate paura di quelli che possono uccidere il corpo, ma abbiate il timor di Dio, non una paura, ma un rispetto d’amore per colui che è il Signore della vita, perché perdendo Lui perdiamo tutto. Il timore di Dio e la consapevolezza che gli che lui è grande e santo: quando la persecuzione o anche una difficoltà o un dolore grande minacciano la nostra vita, allora la tentazione di fuggire, di allontanarci dal Signore può diventare il mezzo più semplice. Ma è un comportamento che rompe la nostra relazione con Dio e la nostra relazione fraterna con Gesù, perciò non è la soluzione. Il legame con Gesù è la cosa più importante di tutte, è la nostra vita e senza questo legame noi non possiamo fare niente e non siamo niente. La fede vince la paura, la fede richiede coraggio ma per fede sappiamo che Dio ci è vicino, sappiamo che con il suo amore si prende cura di ogni minimo dettaglio della nostra vita. Certo nella vita capita di aver paura, a volte la paura ci coglie e rende tutto più difficile, più pesante, sembra che non ci sia più speranza per il futuro. Ma noi, a motivo della fede, come i discepoli siamo sulle tracce del Signore e possiamo attingere motivi di fiducia da quello che Gesù ci ha insegnato. La parola di Gesù che ci rimane nel cuore suscita forza e coraggio per annunciare il Vangelo e testimoniare l’amore di Dio. Non abbiate paura, fidatevi di Gesù, anche se questo ci può costare persecuzione o derisione. Solo considerando l’amore che Dio ha per noi possiamo vincere la paura. Due passeri non si vendono forse per un soldo eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. L’amore di Dio che non ci fa mancare niente è un amore provvidente, cioè un amore che vede prima dei nostri bisogni e che vede in nostro favore. Dio non ci fa mancare niente di quello che davvero ci serve, cioè la comunione con Lui.
Nella prima lettura leggiamo la terribile esperienza del profeta Geremia, è angosciato perché abbandonato da tutti perseguitato da ogni parte, rivolge a Dio la preghiera che i suoi nemici non possano avere la sua anima cioè che lui possa continuare quel legame che aveva iniziato con il Signore da quando gli aveva rapito il cuore. Geremia è sicuro che il Signore lo aiuterà e affida la sua causa al Signore lasciando che sia Lui a compiere la sua opera. Mi hai sedotto Signore, io mi sono lasciato sedurre, mi hai fatto violenza e hai prevalso. Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno, ognuno si beffa di me. Mi dicevo non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome. Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente trattenuto nelle mie ossa, mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo. Queste parole di Geremia ci dicono tutto l’amore che Geremia nutre per il Signore; anche di fronte alle difficoltà quando la tentazione gli aveva fatto pensare di non parlare più nel nome del Signore, di non annunciare più l’insegnamento del Signore, sentiva nel cuore un fuoco ardente che si sforzava di trattenere, di contenere ma non poteva.
Gesù ci fa conoscere chi è Dio quali sono i suoi atteggiamenti qual è la sua grandezza qual è la grandezza della sua rivelazione. Dall’ esperienza con Gesù i discepoli capiscono chi è Dio e ricevono il compito di annunciare a tutti il vangelo. Grazie a questo annuncio degli apostoli anche noi conosciamo il Signore. Anche a noi il Signore dice: annunciate il Vangelo, non abbiate paura, è la via che ci porta alla salvezza. Fidiamoci del Vangelo, è la luce che può illuminare la nostra vita.
don Simone
CORPUS DOMINI
La solennità del Corpo e sangue del Signore ci richiama l’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli, quando Il Signore ci dona se stesso nei segni del pane e del vino, l’Eucaristia, dove è realmente presente il Signore. Tutte le letture di questa domenica hanno come tema il cibo, ma vorrei brevemente soffermarmi su tre parole che prendo dalle letture. Queste tre parole sono: cammino, comunione e mangiare.
Cammino. La prima lettura è tratta dal Deuteronomio. Il Deuteronomio è una raccolta di omelie attribuite a Mosè, in cui invita tutti i suoi futuri ascoltatori, quindi anche noi a fare memoria del cammino che il popolo ha fatto nel deserto, a ripensare a quella storia: l’esperienza della liberazione dalla schiavitù e della misericordia con cui il Signore ha guidato il suo popolo deve servire come lezione di vita. Ricordati del cammino che hai fatto: questo invito a ricordare è rivolto anche a noi. Ricordati del cammino che hai fatto nella tua vita e del cammino che stai facendo, Il Signore ti ha aiutato e ti aiuta a vedere cos’hai nel cuore, a sperimentare, pur nella tua fragilità, la sua presenza e il suo sostegno, ti ha nutrito con la sua Parola, ti ha preso per mano e ti ha fatto camminare, ti ha fatto andare avanti. Per il popolo d’Israele il cammino del deserto è stato proprio così, una preparazione per entrare nella terra promessa, come a dire: non si entra impreparati nella terra promessa, a volte le difficoltà ci mettono davanti la nostra fatica e la nostra inadeguatezza, ma il Signore è con noi per educarci, per educare la nostra fede in Lui, per portarci a scoprire che Lui è Padre e ha sempre cura di noi.
San Paolo nella seconda lettura parla di comunione. “Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Queste parole, per noi abituali nella Messa ci rivelano che quel pane spezzato è il segno con cui il Signore ha voluto rimanere presente in mezzo a noi. Sant’Agostino, chiedendosi quale virtù sia propria dell’Eucaristia, dice” la virtù Propria dell’Eucarestia e quella di produrre l’unità, affinché ridotti a essere il corpo di Cristo, divenute divenuti sue membra siamo ciò che riceviamo”. In effetti quando riceviamo la Comunione e rispondiamo “amen”, quell’amen significa che crediamo che quel pezzo di pane è il corpo di Cristo ma significa più in verità che io di quel corpo faccio parte e accetto di vivere in unità, come un corpo solo. Comunione con Cristo vuol dire essere strettamente uniti a lui in unione profonda di mentalità e di sentimento: la mia vita è unita alla sua, la mia mentalità diventa la sua, i miei sentimenti diventano i suoi sentimenti, una vita legata alla sua; fare comunione significa accrescere questa unione che ci lega al Signore. E se siamo in comunione con Lui siamo in comunione anche tra di noi, se diventiamo il corpo di Cristo, le nostre persone, le nostre vite sono chiamate a diventare il corpo di Cristo, a diventare una cosa sola con Lui. Allora diventiamo una comunità capace di legami di affetto, di accoglienza e di stima perché siamo in comunione con il Signore e tra di noi. Il bene produce altro bene, la nostra generosità viene moltiplicata dal signore e fa miracoli.
L’ultima parola su cui vorrei soffermarmi la ritrovo nel Vangelo ed è mangiare. Il Signore si fa alimento del suo popolo, ci nutre. Dio dona il cibo alle sue creature: Gesù è il pane donato da Dio per la vita del mondo. Le parole di Gesù indicano Gesù come colui che rivela il Padre e che può dare la vita al mondo con la sua stessa vita. Il “mangiare me, il mangiare la mia carne e bere il mio sangue” vogliono dire che noi nella nostra vita assimiliamo la vita di Cristo: la fede, l’ascolto della sua parola, il nostro agire sono segni concreti che facciamo concretamente la sua volontà, sono segni che ci siamo nutriti del Signore. Mangiare la sua carne e bere il suo sangue cioè nutrirsi del Signore significa rimanere in questo abbassamento con il quale Dio comunica il suo amore per noi e ci fa vivere. In questo modo diventiamo testimoni dello splendore dell’amore di Dio in mezzo agli uomini. Nutriti dal Signore anche noi possiamo vivere come lui una vita che è un dono, dono al Padre e dono ai fratelli.
don Simone